Tuesday, June 13, 2006

 

Angeli col solino

Premessa

Gli episodi di questo racconto risalgono al 1954 e si svolgono realmente in una scuola militare, tra allievi giovanissimi, alcuni dei quali ancora minorenni. Tutto ciò che può riferirsi a personaggi reali è puramente casuale.



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L'uomo di mezza età in borghese, dalle movenze effeminate e dall'aspetto distinto, lo aveva seguito fin da quando era salito sull'autobus alla fermata delle scuole CEMM e poi si era seduto di fronte a lui lanciandogli di tanto in tanto occhiate leziosamente allusive che fecero sprofondare l'Allievo sottufficiale in libera uscita Massimo Camplone, nel ruolo imbarazzante della preda "puntata" dal cacciatore. Uno stato d'animo opprimente per un ragazzo pulito, non ancora toccato da certe brutali realtà della vita.
Quando l'autobus raggiunse il lungomare il marinaio scese e l'uomo pure. Allora Massimo accelero' l'andatura e il suo inseguitore cerco' di stargli dietro ma dopo un po' il peso degli anni lo fece desistere e rinuncio' all'inseguimento.
-Dio sia lodato ! - penso' il ragazzo- mi sono finalmente liberato da quello schifoso - e continuo', senza rallentare i passi verso la sua destinazione: doveva raggiungere una distinta villetta trasformata in casa di tolleranza dove, per la prima volta nella vita, avrebbe fatto all'amore con una donna.
E mentre proseguiva verso quell'appuntamento l'Allievo ripenso' con fastidio, a quell'uomo impomatato che poteva essere suo padre. Non era la prima volta che gli accadeva un fatto del genere. Si sentiva sfortunato per quelle sue caratteristiche fisiche che attiravano le ragazze ma che, evidentemente, piacevano anche agli uomini.
Il giovane, del resto, fin dalla sua prima "franchigia" era stato avvicinato ed esplicitamente "invitato" per "...un giretto in macchina" da una comitiva di tre omosessuali di piacevole aspetto a bordo di una lussuosa autovettura con la targa di Napoli. Occasione equivalente ad un invito a nozze per uno squattrinato e spregiudicato militare lontano da casa, in una città caotica, come poteva essere la più importante base della Flotta Italiana negli anni cinquanta. Ma il ragazzo non era tipo disponibile per un'avventura del genere.
Egli si sentiva a disagio in quell'ambiente in cui si era ritrovato dopo l'arruolamento, dove una moltitudine di parassiti e avventurieri di ogni genere viveva alla giornata intorno al personale della Marina con una rete di traffici di contrabbando. E in quel formicaio, durante i fine settimana, quando per le vie di Taranto si riversava un fiume di ventimila marinai in libera uscita, si inserivano quei personaggi ambigui, non necessariamente omosessuali dichiarati, con il "vizietto" di accompagnarsi a quei ragazzi dalla faccia pulita e senza un soldo in tasca.
Ma all'Allievo Massimo Camplone, pur avendo giocato, da adolescente, col sesso suo e dei suoi coetanei, non avrebbe mai accettato di andare con uno sconosciuto a fare certe cose. Disprezzava le cosiddette "checche". Egli si sentiva un maschio anche se ogni tanto, durante le fantasticherie erotiche notturne, quando non riusciva a prendere sonno, si eccitava, ricordando con nostalgia quelle giornate d'estate passate con i suoi due amici del cuore ad istruirsi con le prime esplorazioni reciproche degli organi genitali. Con loro era riuscito a superare il naturale pudore di mostrare agli altri le proprie parti intime.
Massimo aveva avuto tanti interessi da bambino e poi da adolescente. Aveva imparato a suonare l'organo della sua parrocchia, sapeva allevare molte specie di uccelli catturati nei campi, aveva praticato diversi sport, conosceva quasi a memoria tutti i romanzi di Emilio Salgari, era capace di costruire modellini di aeroplani con assoluta precisione, subito dopo la liberazione aveva anche imparato ad usare le numerose armi da fuoco accumulate nei depositi abbandonati, aveva imparato a nuotare come un delfino fin dall'età di otto anni. Era, insomma, un ragazzo sveglio e ricco di risorse; osservatore attento voleva sempre conoscere tutto ciò che lo circondava e cercava sempre di dare una risposta ai numerosi perché che si chiedeva.
Massimo aveva fatto la prima comunione a otto anni e la sua famiglia lo aveva abituato fin da piccolissimo al rosario recitato ogni sera nella sala da pranzo dalla nonna paterna. Guai a toccare il suo sesso oppure a fare domande sulla differenza tra il suo organo genitale e quello della cuginetta Anna. Gli avevano detto che era peccato mortale. E lui non si tocco' finche' non lo vide fare ai suoi amichetti più evoluti. E quando lo fece era già tardi perché col pisellino mezzo eretto gli faceva molto male quando cercava di far "...uscire quella parte rosa racchiusa dentro...".
Queste ed altre distorsioni nella sua educazione di famiglia contadina - piccolo borghese, non avevano certo giovato, come del resto succedeva in quel tempo quando era impensabile una sana educazione sessuale per i bambini.
E il ragazzo cresceva con il dubbio di non essere uguale agli altri. C'era qualcosa che voleva chiarire a se' stesso. E ciò costituiva un problema che si era portato dentro fin dalla prima adolescenza.
Ma proprio perché non era stato ancora capace di dare risposte esaurienti a molti interrogativi che si poneva sul tema sessuale, temeva qualsiasi abbandono o avventura e lottava spesso contro istinti e desideri inconfessabili che lo tormentavano.
Egli, come tanti altri ragazzi, praticava la masturbazione fin dall'età di 12 anni, quando altri adolescenti più esperti di lui, lo avevano "iniziato", dopo una circoncisione "fai da te", a questa pratica sessuale diffusa tra i ragazzi.




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Massimo Camplone aveva poi avuto rapporti "alternativi" ricchi di significato erotico, con una sua amichetta quattordicenne di Bologna, una precoce biondina, già matura per certe cose ma terribilmente timorosa di andare fino in fondo nel contatto fisico vero e proprio perché non conosceva ancora l'altro sesso. La ragazza aveva preso una cotta per quel bel maschietto bruno e fece di tutto per far capire a Massimo che lei voleva vedere com'era fatto il suo corpo.
E una sera si sdraiarono sulla sabbia ancora tiepida e lei scopri' al chiarore della luna, come il Creatore avesse modellato quel "mitico" organo immaginato, evocato, spiato, temuto, desiderato e forse deformato dalla sua curiosità morbosa accesa ancora di più dalle remore di una educazione "severa" secondo la quale si commetteva peccato immaginando il sesso come fonte di piacere. E Norma si sentiva in colpa per avere più volte desiderato di toccare quell'"oggetto" proibito la cui forma aveva più volte intravista attraverso il tessuto elastico del costume da bagno del suo amichetto.
E mentre in quel luminoso pomeriggio della primavera tarantina Massimo, dal lungomare, imboccava la centralissima Via D'Aquino popolata da un formicaio di solini azzurri, continuo' a ricordare il viso meravigliato di Norma e le sue mani delicate che accarezzavano il suo corpo in quella ormai lontana notte di luna piena sulla sabbia ancora tiepida del suo Abruzzo.
E ricordava, eccitandosi, tutte le piacevoli oscenità fatte insieme all'amichetta che aveva paura di fare l'amore con lui, anzi di "FARE ALL'AMORE", come diceva graziosamente lei. E si sforzava di apparire "moderna" e disinibita nonostante l'educazione ricevuta dai genitori cattolici praticanti. E poi l'assillante richiesta della ragazza che voleva assistere ad una dimostrazione completa di "come i maschi praticano l'autoerotismo", perché il cugino una volta le disse che lui "faceva all'amore da solo" con le fotografie delle attrici in bikini.
E il dolce ricatto di Massimo che pretese lo scambio delle mani: "Io lo faccio a te e tu lo fai a me...Altrimenti non se ne fa niente...". E Norma, infiammata dall'eccitazione, che accetto', a condizione che fosse prima lui a raggiungere "il godimento". E cosi' fu.
E quella scena indimenticabile: i due ragazzi si avvicinarono ancora di più e lei si sistemo' trasversalmente in modo da poter praticare sul corpo di Massimo quell'atto universale come surrogato dell'accoppiamento fisico vero e proprio. E ancora lei che si mise comoda, appoggiando la guancia destra sull'ombelico del ragazzo in modo da poter vedere (ed annusare), ad un palmo dalle narici, come le sue mani ben curate cercavano di contenere le prorompenti pulsazioni virili dell'amichetto.
E quando giunse all'apice del piacere, quel bellissimo ragazzo che si era sempre massaggiato da solo nel buio della sua cameretta o rinchiuso nel bagno di casa, scanso' con un gesto deciso la graziosa testolina bionda dell'amica e ultimo' l'opera iniziata dalle mani di Norma emettendo una serie di gemiti che si esaurirono dopo una dozzina di contrazioni e movimenti convulsi del bacino, accompagnati da sommessi lamenti emessi con maliziosa voluttà.
Massimo poi aveva cercato un fazzoletto e pulito con estrema premura il volto di lei schizzato da una eiezione del suo seme e la ragazza non si era affatto schifata dell'incidente perché aveva letto su un libro scientifico che lo sperma di una persona sana era asettico.
E poi, dopo la vulcanica esplosione il ragazzo era caduto in quello stato di dolce languore che segue la tempesta dei sensi ed aveva pregato la sua amichetta di mettersi bocca a bocca e cosi' stettero per molto tempo abbracciati presi da un' atmosfera di tenero e magico languore.
Poi lei aveva sussurrato all'orecchio dell'amico che era giunto il suo turno e Massimo la fece sdraiare sulla sabbia e inizio' ad accarezzarla. Quel toccarsi gli organi reciprocamente era uno dei passatempi proibiti che il giovane aveva praticato da adolescente con i suoi amichetti ma certe cose non le aveva mai fatte con le donne e non conosceva le zone più sensibili del corpo femminile. Allora Norma lo guido' facendole vedere come e dove si toccava lei quando stava da sola e Massimo apprese avidamente la lezione. Poi, senza che nessuno glie lo avesse mai suggerito, intuì che quel corpo profumato che stava accarezzando poteva anche essere baciato, annusato, mordicchiato, sorbito e succhiato con la stessa avidità di chi, nel mezzo di un deserto infuocato, potesse disporre, finalmente, di una bevanda ghiacciata tanto desiderata.
E questa sua improvvisa intuizione si rivelo' una fonte di inedito e immenso piacere per la ragazza la quale, guidata da un impulso naturale prese tra le mani la testa bruna di Massimo e la indirizzo', con dolce ma decisa violenza, al centro del suo giovane corpo dove avvertiva, più prepotente e irresistibile che mai, il prurito della libidine che stava per scatenarsi in lei annullando ogni residuo di pudore.
Poi anche Norma era giunta al "traguardo" provando per la prima volta un piacere intenso e profondo, sicuramente più coinvolgente degli orgasmi che si procurava da sola, un piacere travolgente che quasi la fece svenire. E Massimo continuo' a baciarla e a sorbirla finche' non si esaurirono gli inarcamenti, le contrazioni, i contorcimenti e i gemiti di quel corpo inondato dagli umori profumati della giovinezza.
Il ragazzo le ricordo' poi di mantenere la promessa che gli fece quando stava per esplodere nel godimento liberatorio: " Prima che finirà la mia vacanza ti prometto che faro' all'amore con te come moglie e marito..." E poi aveva precisato che lo avrebbe fatto nel modo superficiale, senza andare fino in fondo, come faceva una sua amica di Bologna col fidanzato. Le aveva assicurato che era tanto, ma tanto gustoso fare all'amore in quel modo; misurare i movimenti senza andare fino in fondo. Sfiorare la zona calda e mantenersi vicino a quella stupida membrana, senza romperla. Si, quel diaframma aveva ancora molto valore per Norma e per i suoi cattolicissimi genitori. E la loro "bambina", come tante altre figlie dell'Italia del secondo dopoguerra, faceva di tutto per accontentarli, pur di restare vergine avrebbe accettato qualsiasi altro tipo di rapporto. E su questa eventualità aveva a lungo fantasticata. Poi con Massimo aveva provato un modo veramente "sicuro" che la faceva svenire dal godimento.
Quella cosa tanto piacevole che le aveva fatto il ragazzo, la sua amica di Bologna l'avrebbe desiderata ardentemente ma al fidanzato faceva schifo.



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Quella, dunque, vissuta a sedici anni, era stata l'unica esperienza eterosessuale del marinaio ed aveva acceso ancora di più in lui la curiosità quasi morbosa per le cose del sesso. Egli viveva col desiderio sfrenato di conoscere tutto ciò che era legato alla differenza tra il maschio e la femmina, una esigenza imperiosa di "capire" soprattutto il perché in natura mancava un confine' ben definito tra il l'uomo e la donna. E poi, in certi momenti, quando si sentiva un maschione, riemergeva in lui un pesante senso di colpa, si vergognava, e non lo aveva mai confessato a nessuno, di aver partecipato spesso, insieme ad alcuni suoi amici della borgata a quei giochi di autoerotismo praticati, specialmente in estate, nel canneto sulla spiaggia frequentata dai primi turisti nordici del dopoguerra.
Alla focosa ragazza di Bologna egli non aveva confessato ciò che lo tormentava. I suoi dubbi, i soui primi approcci con il sesso erano avvenuti proprio su quella stessa spiaggia. Dopo la "rottura del filetto" grazie all'intenso massaggio praticatogli nella grotta dai due suoi amichetti già "circoncisi", comincio' a cercare i nuovi piaceri appena scoperti proprio in quella riva isolata, non ancora invasa dal cemento e protetta da vigne, tamerici e dalla Pineta Dannunziana, dove si sdraiavano al sole le prime donne tedesche assetate di sole e di maschio latino. Erano bionde dal il corpo statuario, con le chiome lisce. Si scoprivano il seno ed anche qualcos'altro per fare il pieno di sole ma anche per il gusto perverso di mostrarsi a quei ragazzini italiani che si masturbavano furiosamente a pochi metri da loro, nascosti, ma non tanto, dietro le dune. Con la coda dell'occhio, protette da oscuri occhiali da sole, le donne tedesche osservavano la scena e si eccitavano mentre i mariti si riempivano di Montepulciano alla cantina attigua al camping.
Erano passati alcuni anni da quegli episodi ma l'Allievo sottufficiale Massimo Camplone li ricordava come fossero accaduti ieri. E poi ricordava il prete. Quando andò a confessarsi, come faceva tutte le domeniche, il prete gli chiese se avesse commesso degli "atti impuri" , aveva risposto di si ed il confessore lo aveva interrogato con atteggiamento ambiguo sul tipo di "atto" ed egli imbarazzato non seppe rispondere. E allora il sacerdote gli aveva chiesto se l'atto lo avesse commesso solo o in compagnia ed egli aveva risposto in compagnia. E l'altro con insistenza:"In compagnia di maschi o femmine ?" E dopo un attimo di esitazione aveva risposto che"gli atti impuri" li aveva commessi con i suoi amici, sulla spiaggia. Massimo fu assolto ma il parroco aveva capito male perché prima di congedarlo, dopo avergli prescritto la penitenza gli aveva paternamente raccomandato di non accoppiarsi più con gli uomini perché quelle cose si fanno soltanto tra moglie e marito con la benedizione di Dio.
Il ragazzo, scioccato, avrebbe voluto spiegare al prete come erano andate effettivamente le cose, che al massimo c'era stato uno scambio di mani, toccamenti reciproci, ma non ne ebbe il coraggio. E da quel giorno si allontano' dalla sua parrocchia, dove aveva passato gran parte della fanciullezza. Per lui fu un trauma. Non frequento' più il coro ne' servi' più messa, ne' suono' più l'armonium .




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Massimo, mentre camminava per le strade di Taranto seguitava a rimuginare sul suo passato e sul suo presente e ripenso' ancora a quelle proposte oscene che si nascondevano dietro l'invito a fare "un giretto "da parte di quei tre distinti signori dentro la lussuosa macchina con la targa di Napoli. Il marinaio dovette riconoscere che quel fugace approccio gli aveva procurato un turbamento profondo ed insieme una inspiegabile curiosità di cui si vergognava. Arrossiva soltanto all'idea che un altro uomo, apparentemente normale, potesse avere con lui dei rapporti sessuali veri e propri, e si domandava che piacere potesse provare un maschio a farsi violare, era pura depravazione oppure desiderio naturale ? E quello schifoso impomatato che lo aveva seguito sull'autobus era uno che lo faceva per vizio o perché la natura lo aveva fatto cosi'?
Massimo Camplone, ora, a quattro anni dall'episodio della confessione, nella sua parrocchia, era diventato un bel ragazzo, bruno e robusto. Il suo fisico era un armonico concentrato di bellezza, forza e morbida dolcezza. I suoi muscoli erano turgidi, pronti allo scatto improvviso, ma si scioglievano e diventavano soavi quando il giovane fantasticava sul contatto fisico totale e coinvolgente con una donna; un rapporto completo con una femmina adulta, senza surrogati, che lui non l’aveva mai avuto.
Come avrebbe reagito Massimo al primo contatto vero con una femmina, possibilmente bella e "bona"? I suoi muscoli e la sua virilità, si sarebbero irrigiditi o afflosciati alla presenza, per la prima volta, di un corpo femminile nudo in una tranquilla alcova ?
La sua mente era attraversata da atroci dubbi e da incertezze laceranti. Dubbi ed incertezze mai confidate ad altri se non a quel suo "io" interiore tentennante ed incerto sulla chiarezza della sua vita sessuale.
La ginnastica mattutina a cui, prima suo padre, ex pugile, e poi la Marina, lo avevano abituato, gli aveva fatto bene. Non era più la "femminuccia" dell'adolescenza a causa di quei fianchi rotondeggianti e di quelle mammelle impertinenti che si erano sviluppate un po' più del normale e che lui cercava in tutti i modi di nascondere ogni volta che andava a nuotare coi suoi amici. Egli pero' aveva sempre reagito sforzandosi di essere come gli altri. Perciò aveva praticato l'autoerotismo con convinzione, sia da solo che in compagnia del solito gruppetto di amici, riuscendo sempre a dimostrare a se' stesso e agli altri, di avere tutte le qualità e gli attributi sufficienti a far dimenticare quel suo aspetto "femminile" che si poteva a volte intravedere dietro l'armonia dei gesti e la struttura del suo corpo piacevole.
La sua figura era, ormai, quella di un bel maschio, desiderato dalle donne e già ne aveva avuto la conferma dalle cotta che Norma aveva preso per lui e dalle successive dichiarazioni più o meno palesi di alcune sue coetanee della borgata.




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Ma era sufficiente la conquista di una certa prestanza fisica a rassicurare Massimo che agli occhi degli altri non era più una "femminuccia"? E quel "froscio" dell'autobus ? E quei distinti signori di Napoli ? Perché gli avevano fatto la corte ? Che vedevano in lui ? Il maschio virile oppure il "bel ragazzo" dall'aspetto effeminato da portarsi a letto per qualche gioco pervertito che non riusciva nemmeno ad immaginare ? Il suo mostrarsi ed il suo apparire "uomo" erano sufficienti a cancellare definitivamente quel velato residuo di femminilità che ancora gli ronzava nel cervello ?
Quando faceva la doccia insieme ai compagni di corso aveva notato che l'amico del cuore era fatto diverso da lui. Si, era proprio diverso. Osservando Franco nudo, mentre si lavava, aveva provato una certa invidia perché proprio nulla di quel corpo avrebbe potuto creare dubbi sull'appartenenza al sesso maschile. L'amico non aveva niente, proprio niente che potesse piacere ad un maschio. Era un tipo magro, dinoccolato, un po' incurvato e villoso, con le gambe storte, le braccia lunghe e le mani rozze e nodose che sembravano appartenere ad un marziano. Solo il suo sguardo era quello fresco e simpatico di un ragazzo con il cuore grande cosi' e con i sentimenti ricchi di valori nobili e antichi. E dalla sua bocca si sprigionava sempre ottimismo e simpatia con la piega perenne di un sorriso un po' sornione e, allo stesso tempo, stracolmo di voglia di vivere . Per quello sguardo e per quel sorriso puro e rassicurante Massimo lo aveva scelto come amico in mezzo a quella ciurma allegra si' ma tanto volgare e grossolana nei sentimenti e negli atti.
Massimo sapeva che l'amicizia di quel "Bischero" di Franco era sincera e che non aveva fini reconditi e inconfessabili. Sapeva anche che l'amico gli aveva assicurato durante uno scambio di confidenze, che il suo aspetto non aveva nulla di ambiguo. Se proprio uno era pignolo...si, avrebbe potuto vederci sotto anche una donna, ma quella era una cosa comune, in qualsiasi maschio c'è un po' di femmina e in tutte le femmine c'e' qualcosa di mascolino. Basta lavorarci su con la fantasia ! Perciò, via, non era proprio il caso di farne un dramma. "Tu sei un bel maschione- concluse allegramente Franco in quella occasione- ti assicuro che se avessi una sorella buona per te farei di tutto per fartela sposare....".
Massimo si senti' rassicurato dall'affermazione del toscano, ma non tanto da scartare definitivamente il dubbio che l'amico, proprio perché lo riteneva tale, si fosse accorto del suo problema e che cercasse in tutti i modi di aiutarlo a convincersi definitivamente sulla sua reale identità. Il problema di Massimo, pero', permaneva, anche se attenuato rispetto all'adolescenza: sotto quel discreto rivestimento muscolare, proprio in quelle zone dove il maschio teme di assomigliare alla femmina, il suo corpo era troppo liscio, senza l'ombra di peluria. Lui stesso si eccitava quando si guardava allo specchio. Le sue membra, il suo torace, il suo bacino, lasciavano intravedere morbide rotondità che nel chiuso del bagno di casa, fino alla partenza per la Marina, erano state la causa di scatenate fantasie erotiche e desideri' sessuali inconfessabili e sfrenati. Massimo era innamorato di se' stesso senza nemmeno conoscere il significato del termine "NARCISISTA". Indubbiamente questa tendenza, piuttosto comune tra gli adolescenti a livelli normali, per lui si era trasformata in una fonte di preoccupazione. Se da un lato il desiderio di specchiarsi ed eccitarsi con l'autoerotismo era per lui una fonte immensa di piacere, si sentiva frustrato dopo il godimento. Quando i suoi sensi erano nella normalità, il solo ripensare a quelle sue segrete e scomposte esibizioni solitarie gli procurava dei veri e propri incubi.E allora seguiva un periodo di fantasie erotiche rivolte al corpo femminile come per riappropriarsi della sua vera identità. Ma poi, bastava un discorso, una battuta piccante udita al cinema, una foto osé su un giornale, per farlo tornare a cercare avidamente Giorgio e Roberto, i due coetanei con i quali, prima di quegli episodi di autoerotismo collettivo dietro le dune dell'Adriatico, si era appartato spesso nell'ex rifugio di Colle Sabbioso, scavato dai tedeschi, per praticare la masturbazione in compagnia.
E a Lui queste sedute segrete piacevano da morire perché, specialmente in estate, i tre si mettevano nudi e nella penombra della grotta si massaggiavano reciprocamente le parti intime, si scambiavano le "ultime" informazioni sul sesso fornite dai più grandi. Erano adolescenti precoci, già forniti di tutti gli strumenti necessari per procurare ad una donna lo stato di gravidanza.
E poi ricordava, quella frase che un suo compagno di banco della terza media gli sussurro' all'orecchio durante una noiosa lezione di storia: "Sei troppo bello...se tu fossi femmina vorrei uscirei con te e ti sposerei..."
Quelle parole riaffioravano nella sua mente ogni volta che sentiva storie di amori “innaturali” e rifletteva sulla linea quasi invisibile che divide la femminilità latente del maschio dalla mascolinità latente della femmina.




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E in quel giorno limpido di marzo l'allievo sottufficiale era uscito dal cancello delle scuole per andare verso una destinazione ben precisa. Finalmente aveva l'occasione di mettersi alla prova. Quel giorno era il suo compleanno: ne aveva 18 e poteva entrare finalmente in un "casino". Sperava cosi' di dipanare la matassa di confusione che aveva nella testa. Sperava ardentemente di sapere chi fosse e forse si illudeva che la prostituta sconosciuta che andava a cercare gli avrebbe dato quella serenità e quella identità ben definita che non aveva mai conosciuto.
-Ora si- pensava- che potro’ dimostrare a me stesso e agli altri che sono un vero maschio-. Ma soprattutto doveva convincere quel suo "io" femminile interno che ogni tanto gli metteva il bastone tra le ruote.
Indossava la fiammante divisa ordinaria stirata sotto il materasso della branda, con il cordone bianco annodato in modo impeccabile intorno al fazzoletto nero che ricordava il martirio di Nazario Sauro e aveva provveduto ad inondare la biancheria intima con “Pino silvestre”, il profumo di moda negli anni 50.
Per quella "missione" troppo intima non aveva voluto compagni di avventura. Non aveva voluto nemmeno lui, Franco, l'amico del cuore, quel toscanaccio di Camaiore che lo seguiva ovunque. Gli avrebbe raccontato tutto al rientro dalla libera uscita.
Sali' titubante la lunga scalinata della villa adibita a casa di tolleranza, come se stesse per varcare il confine di un mondo tanto desiderato ma anche temuto. Aveva sentito dai suoi superiori le prediche sui comportamenti da tenere in circostanze del genere e sulle misure igieniche da adottare. Si era preparato psicologicamente ad affrontare quella prova che lo avrebbe proiettato a pieno titolo nella categoria degli uomini completi.
-Ora si che sei uno di noi !- Avrebbe esclamato con orgoglio suo padre se lo avesse sorpreso all'interno di quella grande sala d'aspetto che stava per varcare.
Pero' intravide anche il volto di sua madre che tre mesi prima, al termine della breve licenza natalizia, le aveva raccomandato: "Ora che compirai diciotto anni...ti raccomando fai attenzione figlio mio".
Al momento Massimo non aveva capito il significato di quelle parole accompagnate da due lacrimoni che sembravano perle sul volto di quella florida donna ancora giovane che lo aveva messo al mondo.
Egli entro' nell'atrio simulando sicurezza ed anche un po' di spavalderia perché quelli che avevano già fatto l'esperienza dicevano che non bisognava assolutamente farsi beccare come "verginello". Tutte le ragazze della casa se lo sarebbero conteso e, se il cliente era bello e attraente, rischiava di essere spremuto come un limone con marchette omaggio e tempi supplementari a carico delle ospiti.
Questo scenario certamente allettante per un donnaiolo navigato poteva diventare un vero incubo per un bambinone in divisa da marinaio.
- Ecogoniometrista!- Esclamo' l'anziana tenutaria, che di Marina sicuramente se ne intendeva, vedendolo transitare davanti alla cassa- fammi vedere la tua tessera.
Il ragazzo ubbidì e divenne rosso come un ladro preso sul fatto- Signora- farfuglio' cercando di abbozzare un sorriso di cortesia- che non si vede che ho più di diciotto anni ?
La grassa donna, capigliatura corta e falcidiata dalle migliaia di tinteggiature applicate nel corso della vita come la vegetazione di un sottobosco continuamente esposto all'effetto di un micidiale diserbante, due borse sotto gli occhi appannati che la facevano rassomigliare ad una caricatura mal riuscita di Aldo Fabrizi a quell'epoca popolarissimo, si infilo' gli occhiali con la montatura d'oro e prese tra le mani il tesserino di Massimo. -Giovanotto-esclamo' trionfante la tenutaria come se avesse vinto un terno al lotto- tu sei un verginello e volevi fregarmi!
Il marinaio senti' la pelle del suo viso ribollire come se nel sangue gli avessero iniettato aria bollente dal di dentro, poi si lascio' cadere sulla prima poltroncina della lunga fila, proprio accanto alla cassa su cui troneggiava la "Maîtresse" del "Casino" denominato "IL SOTTOCAPO", il più pulito della città, base della flotta.
Dall'angolo destro della grande sala ricca di drappi rossi, specchi e grandi dipinti di nudi orribili, partiva lo scalone di marmo con ringhiera e passamano di legno massiccio che portava al piano superiore dove erano state ricavate le stanze dell'amore. In quel salone c’era un ricco catalogo di tutte le cose di cattivo gusto, dai quadri ai tappeti, agli arazzi, agli specchi, ai lampadari. Era il festival della volgarità ben condotta da una Madre Badessa di prima categoria.
Una ventina di clienti, quasi tutti marinai, erano in attesa di una delle tre ragazze impegnate, sicuramente le più appetibili, mentre le altre quattro si davano da fare per convincere gli uomini a salire in camera.
Al solo udire la parola "verginello" pronunciata da quella donnona orribile seduta alla cassa, le quattro prostitute si misero ad osservare il malcapitato con gli occhi lucidi di desiderio, come se si fosse svegliato in loro la primordiale voglia di maschio che sicuramente avevano provato nelle prime esperienze amorose. Poi, con l'aria professionale maturata durante almeno dieci anni di "carriera", si avvicinarono al marinaio. Una di loro, brunetta e vivace sulla trentina, che dava l'impressione di dominare le altre, disse rivolta alla tenutaria:- Se il ragazzo non sceglie toccherà a me! Dagli altri marinai presenti parti' una serie di frasi irripetibili all'indirizzo della brunetta che indossava una vestaglia trasparente sotto la quale mostrava un corpo magrissimo.
-Attento a quella- grido' un cannoniere dal fondo della sala all'indirizzo di Massimo- se la stringi troppo si può rompere !
Il marinaio divenne ancora più rosso e ancora più impacciato e si lascio' letteralmente trascinare dalla brunetta che lo aveva catturato.





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Non appena furono in camera la prostituta fece cadere a terra il velo che teneva intorno al corpo e resto' nuda davanti al ragazzo che in quel momento aveva le pulsazioni a duecento. -Tu sei veramente vergine !- esclamo' la donna - sei troppo agitato...ragazzo mio ...calmati, altrimenti non ci riuscirai...-
-Scusatemi signorina- rispose Massimo cercando di mascherare il suo disagio- non ho mai visto una donna nuda-. Poi la ragazza gli si avvicino' e lo accarezzo'- Io mi chiamo Angela e tu ?-
- Massimo e vengo dall'Abruzzo.
- Vieni Massimo...ora dobbiamo conoscerci un po'...io non riesco a fare l'amore a freddo, almeno con un bel ragazzo come te...
Il marinaio ora sembrava più rilassato e la ragazza se ne accorse. - Andiamo in bagno- lo invito'- ci rinfreschiamo prima un po'- poi aggiunse come se volesse scusarsi-...Si, tu sarai vergine ma io la visita te la devo fare lo stesso...a volte ci sono dei ragazzi che vengono qui' per la prima volta a diciotto anni, ma che magari fuori vanno scopando per le strade con quelle da marciapiede...naturalmente tu non sei uno di quelli...vero ?
Massimo non disse ne' si ne' no ma già sapeva che nei "casini" la prima regola per le ospiti era il rispetto dell'igiene e che prima del rapporto la prostituta aveva l'obbligo, nonché l'interesse, di effettuare una sommaria visita per accertarsi che il maschio non fosse affetto da blenorragia e che comunque non avesse delle perdite sospette.
-Così ti faccio male ?- Gli chiese Angela mentre gli spremeva l'organo senza complimenti, come fanno i mungitori di latte con i capezzoli delle vacche.
Il marinaio resto' impassibile ed ella ne fu rassicurata. Esauriti i preliminari i due andarono a sdraiarsi sul grande letto circondato di specchi messi li' ad arte per riflettere l'accoppiamento, nelle varie prospettive, fin sul soffitto, in modo che il cliente potesse meglio eccitarsi.
La cura di questo particolare "servizio" era un titolo di merito di quella casa di tolleranza tarantina. Infatti il gioco degli specchi era congegnato in modo tale che la coppia al centro del letto si sentiva "moltiplicata" nelle sensazioni e nella tensione erotica.
E Massimo senti' improvvisamente e prepotentemente il richiamo naturale dell'altro sesso; Angela se ne accorse e cerco' in tutti i modi di calmarlo per godersi il più a lungo possibile quel ragazzone cosi' bello e virile che aveva un corpo in certi punti soave come quello di una ragazza. Lei si eccito' proprio per questo particolare, ma non lo disse e continuo' il suo "lavoro" sperando che durasse tutta la giornata. Ma quella prima prestazione dell'allievo sottufficiale di marina non poteva durare che pochi istanti. Se al posto di Angela si fosse trovata una donna qualunque, una moglie, una fidanzata oppure una amante, si sarebbe seriamente preoccupata per il suo patner e lo avrebbe consigliato di rivolgersi ad un medico. Ma il marinaio era un giovane inesperto, era un verginello e in questi casi c'è è sempre una prova d'appello, perché lei, la brunetta del "casino" migliore dei Taranto, aveva intuito che sotto quella intensa ma superficiale conclusione precoce c'era la stoffa di un futuro grande amatore.
E allora decise di aiutare quel giovane a farlo sentire capace di soddisfare qualsiasi donna con il controllo delle proprie forze e schiaccio' il pulsante del campanello che per la tenutaria seduta dietro la cassa voleva dire: "Il mio cliente ha scelto di trattenersi un'ora."
Massimo la guardo' con apprensione.
- Non pensare ai soldi...pagherò io alla cassa...questo e' un lusso che con te voglio permettimi...-
Poi si alzo' e prese da un mobiletto una bottiglia di Brandy e due bicchieri.
- Massimo caro, sei rimasto un po' deluso, vero ?-
- No...ti assicuro...-
- Ora beviamo insieme...poi adagio adagio...piano piano...senza nessuna fretta...nessuno ci corre dietro...-
Il marinaio già era soddisfatto per la prova che secondo lui aveva superato brillantemente ma Angela gli spiego' amorevolmente che quelle cose, se fatte troppo in fretta non valgono a niente...soprattutto per la donna che ha bisogno di più tempo per raggiungere la tensione e la carica necessaria al completamento dell'atto sessuale.
E cosi' la brunetta de "IL SOTTOCAPO" dette un calcione a quel subdolo personaggio femminile che era annidato nel cervello di Massimo. Quell'allievo sottufficiale proveniente dall'Abruzzo, terra aspra, popolata di gente dalla "coccia" dura, si sentiva per la prima volta un MASCHIO vero, come suo padre e come suo nonno.




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Dopo l'ora trascorsa con Angela in quel postribolo di lusso il marinaio era, dunque, sicuro della sua identità. Non solo era un uomo sotto tutti gli aspetti ma la brunetta gli aveva insegnato ad amare le donne nella maniera giusta.
Anche se il suo corpo era morbido e vellutato la sua virilità era perfetta e Angela gli aveva fatto capire che un maschio non deve esse necessariamente villoso e sgraziato come Franco,il suo compagno di banco.
Ora poteva andare a testa alta perché si sentiva sicuro ed orgoglioso del suo sesso.
Il giorno dopo il suo "battesimo" era il turno della doccia collettiva e, a differenza delle altre volte, si spoglio' davanti a tutti come facevano gli altri, senza coprirsi i genitali e senza vergognarsi di quelle "curve" dei suoi fianchi e di quelle rotondità sospette del seno e dei glutei.
Ma mentre si insaponava insieme all'amico del cuore, l'inseparabile toscanaccio di Camaiore, gli si avvicino' il sottufficiale di servizio nella camerata e lo invito' ironicamente a nascondere quel "coso" che gli pendeva in mezzo alle gambe. Era come un cavolo a merenda e rovinava la vista di "quel meraviglioso corpo da Miss Italia".
Il primo impulso di Massimo fu quello di strozzare quel suo spudorato superiore, poi conto’ mentalmente fino a dieci e penso’ agli insegnamenti di Angela. La prostituta gli aveva suggerito, parlando di sessualità in genere - "Non farne un dramma se un giorno ti accorgi che puoi eccitarti anche alla vista di un corpo maschile...non esistono confini netti, barriere, cancellate...bianco o nero. Il sesso fa parte della nostra personalità e a volte può non tener conto delle regole correnti...-
E allora, anziché offendersi per la frase del superiore di guardia che solo due giorni prima lo avrebbe fatto suicidare, afferro' quel "coso" che teneva bene in vista, si insapono' ben bene, allargo' un po' le gambe e continuo' a lavarsi come se nulla fosse accaduto. Il Capo era sicuramente un bell'uomo, sulla quarantina, un po' stempiato con due occhi vivissimi e un po' torvi che sprizzavano intelligenza e sensualità e tradivano una violenta libidine perennemente in agguato. E le sue labbra, se viste isolate dal resto del volto le potevi scambiare per quelle di Sofia Loren.
Quel Diavolo di sottufficiale era veramente una spina nel fianco di Massimo. C'era tanto desiderio nel suo sguardo e tanto lussurioso calore nella sua voce e tanta esperienza nell'arte di circuire i ragazzi dissimulando in parte la lussuriosa voglia di sesso, con chiunque e in qualsiasi modo, che gli ardeva dentro.
Quando si accorse che il marinaio lo stava provocando muovendosi come una vogliosa fanciulla, si fece improvvisamente serio e il suo volto divenne pallido.
Poi fisso' l'Allievo che, con fare volutamente lezioso, continuava a lavarsi muovendo il bacino come mai aveva fatto prima. Il Capo si era piazzato in mezzo alla porta, lontano dagli spruzzi d'acqua che avrebbero potuto bagnargli la divisa ordinaria blu con il cinturone bianco . Dalla sua posizione poteva osservare solo lo scomparto dove stavano Massimo e Franco. tutti gli altri erano dal lato opposto.
- Massimo- gli sussurro' all'orecchio Franco il toscanaccio- Ma non ti sei accorto che il Capo ti sta puntando ? Secondo te e' froscio ? Lui dovrebbe fermarsi all'ingresso, invece viene sempre dentro le docce per vederci nudi e leccarsi le labbra...quello e' un zozzone-
- Si...me ne sono accorto da qualche giorno...vieni... insaponami bene dietro la schiena...facciamolo allupare ancora di più...- Massimo giro' la chiavetta dell'acqua, chiudendola, poi mostro' le spalle all'amico che incomincio' ad insaponarlo dalla testa ai glutei mentre il capo si eccitava come una bestia. Poi fu Franco a farsi insaponare e quando furono completamente ricoperti di schiuma aprirono di nuovo l'acqua e si sciacquarono agitando i loro corpi abbronzati come se stessero eseguendo una misteriosa danza erotica e...ridevano. E per completare l'opera quei due ribaldi si facevano anche solletico nelle parti basse.
Mentre l'esibizione dei due marinai era al culmine risuono' il fischietto acuto del sottufficiale che annunciava la fine della doccia. Lo schiamazzo di tutto il locale cesso' e il Capo lancio' un'ultima occhiata torva verso lo scomparto dei due poi scomparve nel corridoio.
Gli allievi del Corso si rivestirono in fretta e uscirono nel piazzale dove il Capo li attendeva per inquadrarli e portarli alla mensa per la cena: spezzatino di bufalo argentino e patate, frutta, pane e vino.
E quando era già notte, tornarono tutti in fila per tre verso la camerata dove avrebbero atteso la tromba del silenzio che suonava alle dieci in punto, diffusa in tutto il complesso militare da centinaia di altoparlanti.
Il dormitorio era grande come la sala di un cinema. Ci dormivano più di settanta allievi delle diverse specialità. Qualche marinaio era già sdraiato sulla sua branda e attendeva il "silenzio" leggendo il romanzetto popolare oppure sfogliando qualche rara rivista svedese comprata di contrabbando dove c'erano sbiadite foto in bianco e nero di donne orribili che mostravano le loro nudita' in grado di eccitare soltanto chi fosse dotato di una ricca fantasia: comunque quelle pietose fotografie rappresentavano l'unico strumento, squallido quanto si vuole, ma pur sempre valido, per appagare il desiderio di sesso di quei ragazzi con la pratica dell'autoerotismo.
Quando suono' il silenzio il Capo di guardia andò all'ingresso del camerone e spense tutte le luci com'era prescritto dal regolamento delle Scuole CEMM. Poi grido' in modo che tutti sentissero: "Silenzio...ora si dorme" e la camerata divenne silenziosa come una chiesa. Di solito il Capo di guardia faceva un ultimo giro tra i corridoi delle brande, poi se ne andava nell'ufficio del Corpo di Guardia dove ascoltava alla radio "il notturno dall'Italia" fino alle sei del mattino, quando suonava la sveglia e arrivava il sottufficiale sostituto per il cambio.
Era tiepida e calma la notte tarantina. Dal Mar Grande giungevano gli odori di salsedine filtrate dalle cime delle pinete di San Vito e attraverso la finestra illuminata dell'ufficio una lieve brezza di terra spingeva gli odori della generosa terra di Puglia nelle narici del Capo di guardia.





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-Era mezzanotte quando Massimo si alzo' dalla branda per andare al bagno. Tutti dormivano profondamente e lui fece di tutto per non provocare rumori molesti.
In fondo al corridoio che immetteva nei bagni c'era l'ufficio del Capo. I due sguardi si incrociarono e l'allievo ebbe la sensazione che qualcosa di brutto stava per accadere. Comunque entro' nel locale docce e apri' uno dei rubinetti del lungo lavabo collettivo bevve un sorso di acqua fresca per soffocare il presentimento che quel "froscio" del Capo sarebbe entrato dietro di lui. Infatti non dovette attendere che pochi secondi: lui entro' e gli si piazzo' davanti. Massimo indossava soltanto le mutande della marina.
- C'e' qualcosa che non va ? -Gli chiese il superiore con un sorriso sforzato sulle labbra.
- No...Capo...avevo bisogno soltanto di bere un sorso...-
- Perché non vieni da me a bere, in ufficio ho anche del liquore...-
- No grazie...a quest'ora ...-
- Senti...Massimo...non mi piace come di comporti con quel tuo amico... io ho capito tutto...lo sai cosa voglio intendere...-
Il ragazzo resto' per un attimo confuso, poi cerco' una spiegazione al suo superiore.
- Cosa ho fatto Capo ? Si spieghi meglio per favore!...
- Non sono mica stupido...chi di voi due recita la parte della femmina?..Tu, naturalmente, non e' vero ?
- Capo...per carità...cosa ha capito ? Io e Franco siamo soltanto amici...ci vogliamo bene come due fratelli.-
- Senti Massimo...io ho aleno una quindicina d'anni più di te...e sono diciassette anni...dico diciassette anni che sto in Marina...quando tu sei nato io sono partito volontario...ero un ragazzino... e mi son fatto tutta la guerra. A bordo mi chiamavano la "signorina" e tutti mi facevano la corte...si...pure il terzo ufficiale...fu lui che mi violento' per la prima volta e mi butto' addosso questo marchio che non riesco a togliermi...ne ho viste di cotte e di crude...sono andato a letto anche con le donne e mi sono pure sposato. Se lo vuoi sapere io ha anche due figlie e a mia moglie la soddisfo pienamente, quasi tutte le notti facciamo l'amore. Allora mi sento un maschio, un maschio nel vero senso della parola, ma poi, quando rimetto piede in questi cameroni pieni di bei ragazzi, mi ritorna in mente tutto il resto...c'era un cappellano bellissimo alla caserma sommergibili e lui era veramente un fico...e lui si innamoro' di me e io ero pazzo di lui...la storia e' durata parecchio....alla caserma sommergibili di Augusta...quel cappellano che sembrava un Santo... Io ormai ho il fiuto e so riconoscere uno che ha questo vizio da un miglio, perché io sono attivo e passivo...so fare sia l'uomo che la femmina e tu sei come me...lo sento...lo vedo nel tuo sguardo...nei tuoi movimenti...Massimo io sono innamorato di te...per averti sono disposto a fare qualsiasi cosa...lasciando fuori dal rapporto le nostre famiglie, naturalmente, noi due possiamo formare una coppia affiatata...ma ora mi devi promettere che lasci quel toscano con quelle gambe storte che sembra un granchio di scoglio...
- Tra me e Franco non c'e' niente- lo interruppe il ragazzo fissandolo negli occhi-...Capo, lo giuro...lo giuro su mia madre...su mio padre...lo giuro su Dio...noi siamo solo amici...siamo soltanto intimi amici...-
- Il Capo si asciugo' il sudore che gli aveva imperlato abbondantemente la fronte, poi abbasso' lo sguardo e restarono muti, l'uno di fronte all'altro.
- Capo...io la capisco... - disse poi Massimo per togliersi da quella situazione imbarazzante- io comprendo che lei ha avuto molte esperienze ma... -
- Cosa ?- Riprese il sottufficiale- tu credi di compatirmi?-
- No...- si affretto' a precisare il ragazzo- io la capisco perché una parte di quello che ha pensato di me corrisponde alla verità.
- Finalmente !- esclamo' raggiante il Capo- Ora si che sei te stesso...-
- Si...anche a me, a volte, mi piace osservare il il corpo di un maschio ma poi mi impongo di soffocare certi pensieri. Ieri sono stato con una prostituta...per la prima volta mi ha fatto provare il piacere del vero maschio...ed ora...Capo...io vorrei essere un vero uomo per tutta la vita...la prego...Capo io saro' suo amico...saro' suo intimo amico, se vuole...possiamo parlare del nostro problema, ma lasci perdere... lasci perdere la passione per il mio fisico...io voglio sposarmi quando saro' maresciallo...voglio avere dei figli...a me la Marina piace e voglio restarci...-
E va bene Massimo...quando siamo soli non darmi del lei...saremo intimi amici...ma ogni tanto permettimi di darti un bacio...di accarezzarti...solo questo ti chiedo...poi io non ho fretta...- La voce del Capo si era fatta suadente...ora non aveva quella sfumatura acida suggerita dalla incertezza. Egli era ormai sicuro di aver conquistato quel ragazzo cosi' bello e cosi' desiderabile.
Era il più appetibile della compagnia, il più "acqua e sapone" che gli fosse capitato in 17 anni di Marina. Il Capo era cotto.
- Ora vai a dormire Massimo- gli ordino' amorevolmente. Poi gli prese la testa tra le mani e lo bacio' sulle labbra, senza impeto, ma lungamente e con passione. Il ragazzo si abbandono' un attimo tra le braccia del Capo, poi si riprese e, docile e stordito, come un puledro appena domato, usci' nel corridoio con la testa bassa e con il sapore di tabacco nella bocca. Ma imbocco' la porta sbagliata. Si ritrovo' sul pianerottolo della camerata e non fece in tempo a raccapezzarsi. Era frastornato. Il sapore proibito e sconcertante di quel bacio lo aveva scosso e sentiva una grande confusione nella mente. Si appoggio' barcollando al parapetto della scalinata. C'era una tromba di quattro piani. Un pozzo pauroso in cui comincio' a precipitare mentre un urlo disumano sveglio' mezza camerata.
-Madonna bona!- impreco' il suo amico del cuore,- che ti succede...e' un'ora che ti giri e ti rigiri nella branda-.
Massimo apri' gli occhi e vide su di lui il viso preoccupato di Franco, quel simpatico toscanaccio che aveva scelto come amico. Per fortuna la caduta dal quarto piano e il bacio del Capo appartenevano soltanto ad un brutto sogno. Gli altri marinai della camerata si girarono dall'altra parte e ripresero a dormire profondamente. Poi massimo cerco' nell'oscurità la mano del suo vicino, la strinse con forza e si avvicino' all branda dell'amico: - Franco aiutami- gli sussurro' all'orecchio- ho bisogno di te...- e inizio' a piangere in silenzio. Il toscano capi', se lo strinse al petto in un impeto di tenerezza e incomincio' a baciarlo sulle guance.
-Nessuno ti farà del male- lo rassicuro' mentre sentiva il sapore salato delle sue lacrime- Facciamo un patto io e te...saro' il tuo difensore e tu sarai il mio...un patto di sangue...abbracciamoci...Massimo mio...amico mio...- E si baciarono come due angeli, come due persone che si vogliono bene oltre il sesso, al di la' dell'amore fraterno...un sentimento pulito per il quale Franco e Massimo avrebbero sacrificato volentieri la propria vita.
E da quel giorno, anzi da quella notte, l'allievo sottufficiale Massimo Camplone si convinse che non era necessario uccidere quella femmina che teneva nascosto dentro, quella parte dolce e sensuale di se' stesso che di tanto in tanto lo faceva fremere insieme e in contrasto con la sua preponderante virilità.
E fece anche tesoro della lezione appresa dalla prostituta del "Sottocapo".- Non ti devi vergognare- le aveva detto Angela- se a volte hai dei desideri sessuali un po' meno maschietti del solito...La natura e' fatta cosi'...non esiste un confine netto tra i due sessi...In qualsiasi maschio c'e' sempre una parte femminile e il ogni donna si trova sempre qualcosa che ricorda il maschio...basta trovare il giusto equilibrio e vivere queste cose con naturalezza e intelligenza-.
La mattina dopo Massimo salto' giù dalla branda al primo squillo di tromba e gli sembro' di essere rinato a nuova vita. Non si sentiva fiero come avrebbe preferito suo padre nè un disgraziato in bilico tra la eterosessualità e la omosessualità. Si riteneva una persona certamente più matura.
La sera dopo rientro' stanco dopo molte ore di esercitazioni in mare e avverti' il bisogno di scrivere a sua madre.
Sentiva il forte desiderio di riabbracciarla e voleva raccontarle la sua maturazione in pochi mesi di vita da allievo sottufficiale del CEMM. Un fiume di parole sgorgate dal profondo dell'anima, una irrefrenabile nostalgia per la famiglia, uno sfogo sincero sul suo nuovo stato d'animo ma... il pudore glie lo impedi' e scrisse la solita lettera. Come se nulla fosse accaduto.

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